Ha aspettato, alla mezzanotte e un minuto di ieri, che entrassero in vigore i dazi del 10% imposti dalla Casa Bianca. E poche ore dopo ha risposto, subito, senza aspettare come aveva fatto nel gennaio 2018, durante il primo mandato di Donald Trump. La Cina manda un messaggio chiaro: è pronta a combattere un'altra guerra commerciale, che ancora spera di non dover combattere. Siamo d’altronde ancora alle schermaglie iniziali, coi contendenti che prendono posizione con mosse tattiche.
Le tariffe di Trump colpiscono indiscriminatamente tutte le importazioni dalla Cina. Le ritorsioni annunciate ieri dal governo cinese sono invece specifiche. Dal 10 febbraio, dazi doganali del 15% sulle importazioni di carbone e gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti. Aliquota del 10% invece per il petrolio. Nel 2024 la Cina ha acquistato dagli Stati Uniti petrolio e carbone per circa sette miliardi di dollari. Una cifra importante per gli esportatori di Washington, ma solo una piccola frazione delle importazioni totali di Pechino, che ha aumentato gli acquisti da Russia , Arabia Saudita e Asia centrale.
La Cina ha annunciato dazi al 10% anche su attrezzature agricole, furgoni e grandi veicoli sportivi. A pagare il conto potrebbero essere grandi aziende come Caterpillar e Deere & Co, i cui ordini cinesi sono già scesi negli scorsi anni dopo le sanzioni statunitensi sul lavoro forzato nello Xinjiang. Prettamente simbolica, invece, la decisione di avviare un'indagine antitrust contro Google per l'accusa di posizione dominante. Più significativa la stretta sull'export di una serie di risorse minerarie, su cui la Cina ha un quasi monopolio.
Via da subito a controlli aggiuntivi sulle spedizioni di metalli cruciali tra cui il tungsteno, fondamentale per lo sviluppo del settore aerospaziale. Ma l'entità della stretta sarà modulata a seconda dell'andamento delle scaramucce commerciali, lasciando ampio margine di manovra. Il pacchetto di contromisure consente alla Cina di mostrare al pubblico interno e a Trump di non voler arretrare, ma sono abbastanza flessibili da lasciare ampio spazio per ulteriori passi. Non è d'altra parte escluso che si possa arrivare a qualche intesa. Trump e Xi Jinping potrebbero parlarsi presto, forse già oggi, in attesa di un possibile summit a Pechino.
Ne ho scritto qui e parlato qui (dal minuto 17.30)
ALTRE COSE
HONDA-NISSAN: SOSPESE LE TRATTATIVE PER LA FUSIONE
Nissan ha sospeso le trattative per la fusione con Honda, poiché le due case automobilistiche giapponesi non sono riuscite a raggiungere un consenso sui termini dell'accordo. Nissan ritirerà il memorandum d'intesa sulla negoziazione dell'integrazione aziendale, firmato a dicembre. La decisione è stata presa perché le aziende non sono riuscite a trovare un accordo sulla valutazione di ciascuna parte nell'ambito di una holding. Non si sa se ci sia la possibilità di riavviare i colloqui o se continuerà solo la collaborazione sui veicoli elettrici. Honda aveva proposto che Nissan diventasse una filiale per accelerare la ristrutturazione, ma Nissan - che cercava un ruolo quasi paritario nella fusione - ha rifiutato. Ora pare davvero tutto vicino al naufragio, dopo che già Mitsubishi pare essersi chiamata fuori. Ride Toyota, come competitor interno, e i colossi cinesi dell'elettrico.
TOYOTA APRIRA' UN IMPIANTO ELETTRICO A SHANGHAI
La Toyota ha annunciato oggi che costruirà una nuova fabbrica Lexus a Shanghai, mentre l'azienda cerca di rafforzare le sue capacità di sviluppo e produzione nel mercato cinese. L'impianto, che dovrebbe iniziare le operazioni nel 2027, si concentrerà sulla produzione di veicoli elettrici (EV) e batterie per autoveicoli. A differenza delle precedenti iniziative in Cina, la fabbrica sarà interamente di proprietà della Toyota anziché gestita come una joint venture. Si tratta di una concessione rilevante da parte della Cina, che sta non a caso dialogando con il Giappone per un possibile storico viaggio di Xi Jinping a Tokyo (sarebbe il primo di sempre).
DAZI, POSSIBILI INDAGINI CINESI SU INTEL. BORSE DEBOLI DOPO LA RIAPERTURA
Secondo quanto riportato dal Financial Times, la Cina starebbe valutando la possibilità di avviare un'indagine antitrust sul gigante dei semiconduttori Intel. Ciò si aggiungerebbe alla serie di tariffe contro gli Stati Uniti annunciate dalla Cina ieri. Mossa potenzialmente dall'impatto più significativo di quella puramente simbolica su Google. Come prevedibile, Xi Jinping non ha parlato ieri con Donald Trump come invece suggeriva la Casa Bianca. Impossibile fare un colloquio nel cuore della notte, soprattutto lo stesso giorno dell'annuncio delle contromisure. Già più probabile un colloquio oggi. Nel frattempo, Xi riceve il presidente del Kirghizistan e annuncia una serie di accordi commerciali. Le borse cinesi deboli, con la riapertura di oggi dopo 8 giorni di chiusura per le festività del Capodanno lunare.