Esercitazioni intorno a Taiwan e i movimenti asiatici degli Usa
Bilancio delle manovre di Pechino, concluse lunedì 10 aprile. I maxi test tra Washington e Manila nel mar Cinese meridionale, Blinken in Vietnam e la polemica sui file del Pentagono in Corea del Sud
Le esercitazioni intorno a Taiwan
Più brevi, meno estese e dirompenti, ma con segnali di maggiore prontezza al combattimento. Si sono concluse nei tempi previsti le esercitazioni militari cinesi intorno a Taiwan, lanciate in risposta all'incontro fra la presidente taiwanese Tsai Ing-wen e lo speaker del Congresso americano Kevin McCarthy. Nell'ultima giornata di manovre, il ministero della Difesa di Taipei ha rilevato nell'area 91 jet e 12 navi da guerra. 56 aerei hanno oltrepassato la "linea mediana", confine non riconosciuto ma fino allo scorso anno ampiamente rispettato sullo Stretto. Nessuno si è però avvicinato alle 12 miglia nautiche, il fronte delle acque territoriali. Domenica si è verificato un confronto più ravvicinato a ridosso delle 24 miglia nautiche che segna l'ingresso nelle "acque contigue", ma secondo i funzionari di Taipei nessuna delle 20 imbarcazioni coinvolte da una parte e dall'altra ha agito "in modo provocatorio".
Le manovre vengono descritte come "meno estese" rispetto a quelle dello scorso agosto, dopo la visita a Taipei di Nancy Pelosi. Ma sono stati osservati sviluppi a livello "qualitativo". Vero che sono stati avvistati meno aerei oltre la "linea mediana", ma per la prima volta si sono palesati dei caccia J-15, sviluppati per essere utilizzati su portaerei. Non un caso, visto che la Shandong è stata coinvolta nelle operazioni che hanno simulato attacchi a "obiettivi chiave" sull'isola, "blocchi marittimi" e "assalti mirati con imboscate a navi nemiche". L'Esercito popolare di liberazione ha spiegato di aver "testato nuovi metodi operativi che aumentano la prontezza a combattere".
A Taipei, però, nessun segnale di panico. Anzi, durante i tre giorni di esercitazioni ha regnato una certa assuefazione. D'altronde, l'impatto sulla vita delle persone comuni è stato del tutto assente. A differenza dello scorso agosto, nessun volo di linea è stato cancellato e le navigazioni commerciali sono andate avanti regolarmente. A fare la differenza nella percezione dell'opinione pubblica è stato il mancato lancio di missili, che lo scorso agosto aveva invece fatto molto discutere anche e soprattutto per il mancato allarme del governo taiwanese. Allora, la notizia era stata data dal ministero della Difesa giapponese, che ieri ha mobilitato i suoi aerei da combattimento per monitorare le operazioni cinesi. Confermando "circa 120 decolli e atterraggi" dalla portaerei Shandong, piazzata non troppo lontano dall'isola di Miyako, a sud ovest di Okinawa e nei pressi di Taiwan.
Il completo presidio della costa orientale è ritenuto strategico dalla Cina, visto che gli eventuali aiuti di Stati Uniti e Giappone a Taipei potrebbero arrivare solo da lì. La crescita della flotta di portaerei favorirà in un futuro non ancora immediato la realizzazione di un ipotetico blocco totale. Il tentativo è sempre più quello di convincere il mondo esterno che il dossier taiwanese sia una questione interna.
Xi Jinping ha dunque optato per una reazione forte, ma non esagerata. Hanno probabilmente inciso calcoli politici in vista delle presidenziali taiwanesi del 2024. Tsai e McCarthy si sono incontrati in California invece che a Taipei, come inizialmente previsto. Un piccolo segnale di compromesso che, se non colto, avrebbe potuto far dire al Partito progressista democratico che è inutile evitare mosse troppo ardite. Si sarebbe rischiato poi rendere impossibile al dialogante Guomindang di sostenere che la visita in Cina continentale dell'ex presidente Ma Ying-jeou sia servita a ridurre i rischi.
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Esercitazioni Usa-Filippine
Gli Stati uniti hanno risposto col cacciatorpediniere a missili teleguidati USS Milius, transitato nel mar Cinese meridionale. Il passaggio è avvenuto molto lontano da Taiwan, ma nelle acque territoriali del Mischief Reef, un piccolo atollo delle isole Spratly amministrato dalla Repubblica popolare ma rivendicato anche da Vietnam e Filippine. Non sembra un caso. Oggi prendono infatti il via le Balikatan (spalla a spalla, ndr), le esercitazioni congiunte tra Usa e Filippine. Sono le più vaste di sempre tra i due paesi, con la partecipazione fno al 28 aprile di 17.600 partecipanti di cui circa 12 mila militari americani. Per la prima volta saranno effettuate esercitazioni a fuoco vivo in acqua.
L'operazione Balikatan vedrà anche le forze armate eseguire un'esercitazione per far esplodere una finta nave da guerra nel mar Cinese meridionale: una mossa che potrebbe suscitare l'ira della Cina. A febbraio, Washington ha concluso un nuovo accordo di difesa con Manila che prevede l'installazione di quattro nuove basi navali su isole filippine vicine ad acque contese. Tre di queste basi si trovano a nord dell'isola di Luzon, la terraferma più vicina a Taiwan oltre alla Cina. Nei giorni scorsi, il presidente filippino Ferdinand Marcos Junior si è comunque affrettato a chiarire che quelle basi non saranno utilizzate per ragione offensive, ma solo difensive. Le vie d'acqua intorno alle Filippine e nel mar Cinese meridionale contengono alcune delle rotte commerciali più preziose al mondo.
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Blinken in Vietnam
L'avvio dei test coincide anche coi tentativi di rafforzare i legami col Vietnam. Nei prossimi giorni il segretario di Stato Antony Blinken sarà ad Hanoi, per discutere l'elevazione dei rapporti. Nelle scorse settimane una nave statunitense era transitata per le isole Paracelso, contese tra Vietnam e Cina, proprio mentre Lockheed Martin e Boeing si trovavano con altre aziende americane nel paese del Sud-Est asiatico per negoziare la vendita di droni ed elicotteri. Non solo. Il 29 marzo, Joe Biden ha avuto un colloquio telefonico col segretario del Partito comunista Nguyen Phu Trong. Mossa inusuale, visto che di solito il presidente americano parla con l'omologo vietnamita.
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Le polemiche in Corea del Sud sui file del Pentagono
Imbarazzo e rabbia, ma anche la volontà di tutelare i rapporti. La Corea del Sud si trova coinvolta nella fuga di notizie top secret dell'intelligence degli Stati Uniti. Nei documenti classificati pubblicati dai media americani, si scopre infatti che Seul sarebbe tra i paesi spiati dal Pentagono.
Intercettati il segretario agli Affari esteri Yi Mun-hui e il consigliere per la sicurezza nazionale Kim Sung-han. Entrambi si sono peraltro dimessi il mese scorso per motivi poco chiari. Nei file i due si mostrano preoccupati dalle pressioni di Washington per inviare armi all'Ucraina, quando le leggi sudcoreane impediscono di rifornire paesi in guerra.
La notizia è arrivata in un momento molto delicato, visto che il 26 aprile è attesa la visita di stato del presidente Yoon Suk-yeol alla Casa Bianca. A Seul, l'opposizione attacca per la mancata richiesta di scuse. "Siamo uno stato sovrano, Yoon dovrebbe fare una protesta forte e chiara", sostiene il Partito democratico. Dopo 48 ore di incertezza, il governo prova ad allontare l'imbarazzo, negando di essere stato spiato. In un colloquio di stamattina, i ministri della difesa di Seul e Washington sostengono che parte delle informazioni contenute nei documenti sono false.
Si prova così a salvaguardare le relazioni alla vigilia della visita di Yoon, tesa a suggellare il rafforzamento dei rapporti diplomatici e militari. La speranza di Washington è che la vicenda dello spionaggio, reale o meno, non incrini la fiducia di un pilastro della sua strategia asiatica.
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Rinviata la delegazione italiana a Taiwan
Doveva essere la prima delegazione parlamentare italiana a Taiwan dal novembre 2019. Quando era tutto pronto, però, la missione è stata rinviata a data da destinarsi. Dopo un consulto con la Farnesina, si è preferito evitare il viaggio in un momento di forti "tensioni internazionali". Il piccolo drappello era composto per lo più da membri di Fratelli d'Italia. Sarebbe stato segnale, visto che Giorgia Meloni non è ancora andata a Pechino, a differenza degli altri principali leader europei. E nei prossimi mesi la premier è chiamata a prendere una decisione sulla Via della Seta.
Confermata invece la presenza in Cina della sottosegretaria agli Esteri, Maria Tripodi, che oggi partecipa alla cerimonia inaugurale della Fiera internazionale dei prodotti di consumo sull'isola di Hainan.
Su Taiwan si tratta di una decisione opposta a quella della Francia, che nei prossimi giorni manderà una nuova delegazione a Taipei. L'annuncio è arrivato ieri, dopo che Emmanuel Macron ha dichiarato a Politico che gli europei non devono essere "vassalli" degli Stati Uniti, mentre sul dossier di Taiwan andrebbe perseguita una "autonomia strategica".