La strategia dell'anaconda
In breve. Analisi delle esercitazioni militari e scenari (anche politici) intorno a Taiwan
La no fly zone
Stamattina Reuters ha dato la notizia di una no fly zone di Pechino dal 16 al 18 aprile, a circa 85 chilometri al largo delle coste settentrionali di Taiwan. Con impatto sul 60-70% dei voli regionali. Ovviamente la notizia, data sempre da Reuters, aveva subito fatto pensare a nuove vaste esercitazioni. Anche perché 16/18 aprile sono proprio dopo la ripartenza di Lula e Borrell da Pechino. Ad agosto furono indicate 6 zone da evitare agli aerei di linea per i test post Pelosi. Dopo qualche ora, il ministero dei Trasporti di Taipei ha comunicato che la no fly zone di Pechino a nord di Taiwan è stata ridotta a 27 minuti domenica mattina 16 aprile. In attesa In attesa di altre conferme, secondo quanto riporta Reuters (via il ministero dei trasporti di Seul) la causa sarebbe il rientro di un modulo di lancio.
Qui la ricostruzione di Reuters, in attesa di maggiori dettagli.
William Lai candidato del Dpp
Fronte politico. Come largamente annunciato, il Dpp ha nominato l'attuale vicepresidente William Lai suo candidato per le presidenziali del 2024. Una figura considerata più radicale dell'attuale presidente Tsai Ing-wen.
A gennaio avevo fatto un suo ritratto, che iniziava così.
Un nome che non piace per niente a Pechino, ma che deve ancora convincere anche gli Stati Uniti. Con alcuni taiwanesi che si interrogano sulla sua figura, molto diversa da quella della presidente Tsai.
Partiamo da un virgolettato. “Taiwan è già un paese sovrano e indipendente. Sotto la mia guida il DPP manterrà lo status quo esistente, proteggendo la pace senza compromettere il futuro del popolo taiwanese”, ha scritto Lai su Twitter. Che cosa significa questa frase? A mio parere si tratta di un compromesso tra la sua storica posizione radicale e quella molto più moderata di Tsai. In passato, Lai si è descritto un “politico che lavora all’indipendenza di Taiwan”. Passo indietro su un concetto qui affrontato molte volte: per “indipendenza di Taiwan” e per “indipendentisti” sulla scena taiwanese si intende chi non si accontenta dell’indipendenza de facto come Repubblica di Cina, ma che desidera la dichiarazione di indipendenza formale da essa come Repubblica di Taiwan. Un passaggio che farebbe venir meno in maniera definitiva il concetto di “unica Cina” e tirerebbe fuori Taipei dalla zona grigia che le ha consentito finora un difficilissimo equilibrio con la Repubblica popolare cinese e la coesistenza di due entità a tutti gli effetti separate dal punto di vista politico e amministrativo.
Che cosa significa dunque la dichiarazione di Lai? Appare come un parziale passo indietro rispetto alla sua vecchia posizione, in realtà già molto soffusa durante la sua vicepresidenza, ma ribadendo l’alterità taiwanese. Lai sta tranquillizzando i taiwanesi e cinesi continentali che non intende arrivare a una dichiarazione di indipendenza formale e che si atterrà allo status quo, accettando dunque la posizione di Tsai e prima di lei di Lee Teng-hui (primo presidente democraticamente eletto a Taiwan) secondo cui esistono due entità separate e non interdipendenti l’una dall’altra. Ma Lai non arriva a sposare del tutto la visione di Tsai, più moderata. Si guardi infatti a questa dichiarazione di qualche mese fa dell’attuale presidente: “Non abbiamo bisogno di dichiararci uno stato indipendente. Siamo già un paese indipendente e ci chiamiamo Repubblica di Cina, Taiwan”.
Continua qui.
La strategia dell’anaconda
A Taipei quasi nessuno crede a rischi di un conflitto immediato o nel futuro prossimo. Ma si teme la progressiva erosione degli spazi di manovra. Dopo la "cancellazione" della "linea mediana" post Pelosi, il nuovo step è il presidio della costa orientale per "rendere lo Stretto un mare interno".
In tal senso l'elemento più significativo dei test di questi giorni è stato l'impiego della portaerei Shandong. Fino a quando l'esercito cinese non sarà pronto a sostenere un blocco navale prolungato sulla costa orientale, quella affacciata verso l'esterno si continuerà con l'allargamento della cosiddetta "zona grigia". A preoccupare Taipei non sono solo i mezzi dell'esercito, ma anche quelli di guardia costiera e milizia marittima. Le grandi manovre sono utili per mandare un messaggio all'interno e all'esterno: "Impossibile pensare a compromessi". Ma normalizzare prassi operative anche meno immediatamente visibili può avere anche ricadute più concrete nel tentativo di Xi "regionalizzare" il dossier.
La strada politica resta comunque ancora la preferita di Pechino, che si muove anche in vista delle elezioni presidenziali del 2024.
Oggi su La Stampa e qui sul web, con pareri di esperti.