La telefonata Xi-Trump, Lee Jae-myung nuovo presidente in Corea del Sud
Segnali dal colloquio tra i leader di Cina e Usa
Xi Jinping ha fatto aspettare Trump 4 mesi prima di accettare il colloquio diretto, attendendo un momento in cui sentiva di potersi presentare da una posizione di forza (quantomeno nella narrazione verso l'interno). I colloqui di Ginevra hanno preparato il terreno, visto che la Cina ha ottenuto la de-escalation sui dazi nonostante la linea dura della sua "prova di resistenza", senza il coinvolgimento diretto del presidente.
Poi ha alzato la cornetta. "Su richiesta degli Stati uniti", sottolinea Pechino. Come a dire: erano loro ad avere fretta, sono dunque loro in una posizione di debolezza.
"È andata molto bene", esulta il presidente americano. "Siamo pronti a un accordo", aggiunge. Le modalità del negoziato sono però quelle desiderate da Pechino: niente trattativa diretta tra leader, si incontreranno di nuovo il segretario del Tesoro Scott Bessent e lo zar dell'economia cinese He Lifeng. Xi ha insistito sul punto, chiedendo che "entrambe le parti dovrebbero avvalersi del meccanismo di consultazione economica e commerciale". Restano delle differenze. Xi chiede il ritiro delle "misure negative adottate nei confronti della Cina". Il riferimento non è ai dazi, attualmente congelati, ma alle restrizioni all'accesso delle catene di approvvigionamento avanzate in settori strategici come i microchip. Trump dà rassicurazioni però solo sugli studenti cinesi: "Non c'è problema ad averli qui, anzi è un onore". Da parte sua, dice che va chiarita la vicenda legata ai divieti cinesi all'export di terre rare e metalli cruciali a elettronica, difesa e green deal.
La Casa bianca fa sapere che si è parlato praticamente solo di commercio, niente Ucraina e Iran. D'altronde, anche per la Cina era questa la priorità. Tanto da non mandare il ministro della Difesa Dong Jun allo Shangri-la Dialogue di Singapore, per evitare un confronto diretto col capo del Pentagono, Pete Hegseth, che si temeva avrebbe avuto toni accesi.
Obiettivo: tutelare il negoziato commerciale, rilanciandolo col colloquio tra leader. E selezionare i canali comunicativi: sì a Bessent e l'ambasciatore Usa a Pechino David Perdue, incontrato dal ministro degli Esteri Wang Yi, no (per ora) ai falchi Hegseth e Marco Rubio. Interessante l'inclusione nel team Usa del segretario al Commercio Howard Lutnick, oltre a Bessent e Jamieson Greer. L'aggiunta potrebbe portare sul tavolo anche il tema delle restrizioni all'export.
Rilevante il cambio di angolazione su Taiwan, con il consueto avvertimento a "non giocare col fuoco" lascia spazio a un messaggio più sottile. "Gli Stati uniti dovrebbero gestire la questione con prudenza, per evitare che un numero estremamente esiguo di elementi separatisti indipendentisti trascini la Cina e l'America in una pericolosa situazione di conflitto e scontro”, ha detto Xi, rafforzando la personalizzazione del problema intorno al leader taiwanese Lai Ching-te, mettendolo dialetticamente in contrapposizione non solo a Pechino ma anche a Washington.
Corea del Sud: Lee Jae-myung nuovo presidente
La notte del 3 dicembre, Lee Jae-myung scavalcava in livestreaming le recinzioni intorno all'Assemblea nazionale, coi soldati inviati da Yoon Suk-yeol che cercavano di impedire ai parlamentari di votare la richiesta di revoca della legge marziale. La notte del 3 giugno, Lee è salito su un palco proprio di fronte al parlamento, in veste di presidente eletto della Corea del Sud. Alle elezioni anticipate di martedì ha infatti conquistato quasi il 50% delle preferenze e un distacco di circa sette punti dal conservatore Kim Moon-soo, che non ha mai preso davvero le distanze dal rimosso Yoon.
“Lee Jae-myung presidente”, gridano migliaia di sostenitori in festa davanti all’Assemblea nazionale, dove sei mesi fa avevano fatto da scudi umani per impedire l'irruzione dei militari. Stavolta tutta la società civile si è mobilitata in massa per andare alle urne, vista l'affluenza del 79,4%, il dato più alto dal 1997.
Lee è stato nettamente il candidato preferito tra tutti gli elettori con meno di 60 anni. Il suo vantaggio più marcato si è registrato tra gli elettori nella fascia dei 40 anni, dove ha superato Kim di poco più del 50%. Kim ha invece avuto un lieve vantaggio tra i sessantenni e ha superato Lee di 30 punti tra i settantenni.
Sarebbe però un errore pensare a un paese già completamente “pacificato”. La forte polarizzazione che da sempre caratterizza la politica sudcoreana si è acuita con le ferite aperte dalla legge marziale. Nel 2022, i voti si erano praticamente spaccati a metà tra i due partiti tradizionali. Stavolta, il terzo incomodo Lee Jun-seok va vicino all'8%. Fino all'ultimo, Kim aveva provato a convincerlo a una candidatura unitaria. Se ci fosse riuscito, la corsa sarebbe stata molto più incerta, nonostante la legge marziale. Il leader del Nuovo partito riformista è infatti un fuoriuscito del Partito del potere popolare di Yoon e Kim, ed è stato il più votato tra gli uomini under 30. Non è un caso, visto che in campagna elettorale ha cavalcato l'onda anti femminista fatta propria già da Yoon. Al contrario, solo il 10% delle donne under 30 ha votato per lui.
Lee ha dichiarato che non è necessario affrettarsi a raggiungere un accordo con gli Stati uniti sui dazi, ma è prevedibile qualche scintilla con la Casa bianca sulle spese di difesa. Già durante il suo primo mandato, Trump aveva chiesto un aumento esponenziale al contributo per il mantenimento delle truppe americane in Corea del sud.
Il terreno comune potrebbe esserci nel tentativo di dialogo con Kim Jong-un, obiettivo condiviso fra Lee e Trump, che nei conservatori non avrebbe invece trovato sponde. La vittoria del leader progressista fa sperare anche la Cina in una postura internazionale più bilanciata di Seul, dove potrebbe tornare d'attualità il negoziato per un possibile accordo di libero scambio con Pechino e Tokyo, dove però temono la tradizionale avversità di Lee al disgelo tra Corea del sud e Giappone. Innanzitutto, però, Lee è chiamato a portare normalità e unità a un paese reduce dalla legge marziale. Non è un compito semplice, viste le sue posizioni tradizionalmente radicali. Anzi, ancora prima di quelle, del suo approccio spesso privo di compromessi.
Seguiranno altri approfondimenti, di Corea del Sud ma anche di Shangri-La Dialogue (eventi che ho seguito direttamente nei giorni scorsi da Seul e da Singapore) ho parlato ad Asiatica con Valeria Manieri e Francesco Radicioni.